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“Anche la mia mente è in gabbia, ma in un altro modo: qualsiasi pensiero viene condizionato dalla paura collettiva. Noi che abbiamo vissuto «sicuri» nelle nostre «tiepide case», come dice Primo Levi, non ci siamo abituati e forse per questo è una paura che non lascia scampo: nessuno può aiutarti o sollevarti dall’angoscia perché chi hai accanto si trova esattamente nella tua stessa condizione, se non peggio.”
(…) “Il risultato di quest’angoscia fluttuante, onnipresente, è la lotta tra esigenze differenti, tra bisogno di fuga e ricerca di un equilibrio che mette in luce le asperità dei nostri caratteri.”
(…) “Non lo faccio pesare ai miei figli, ma io vivo questo processo su entrambi i fronti: sul loro, come madre, e sull’altro, come insegnante. La quotidianità della scuola mi manca moltissimo. Anche se sono una docente specializzata, che si dedica prevalentemente a un’alunna, sento l’assenza dell’intera classe, delle smorfie di uno e delle battute di un’altra, dello sguardo di un ragazzo particolarmente timido e di quello sfacciatamente bellicoso. Mi manca la complicità di cui a volte sono parte in causa e a volte testimone.”
(…) “Ecco, è proprio questo che mi manca di più della scuola: il sentirmi parte di qualcosa. (...) Ma non solo della scuola. Mai come ora, ho bisogno di «sentire» i legami che attraversano la mia vita, quei «pochi ma buoni» che sono riuscita a mantenere negli anni. ”
Passi tratti da “Se ci fosse luce sarebbe bellissimo” di Stefania Auci
in AA.VV., Andrà tutto bene, ed. Garzanti 2020).
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