![](https://static.wixstatic.com/media/ee1209_381db97cba4e4c40a10f1e0798c51b5d~mv2.jpg/v1/fill/w_980,h_551,al_c,q_85,usm_0.66_1.00_0.01,enc_auto/ee1209_381db97cba4e4c40a10f1e0798c51b5d~mv2.jpg)
Dopo la pandemia la scuola non ha bisogno solo dei soldi del Pnrr, ma di una dimensione “educazionale”, cioè di un nuovo equilibrio tra funzione educativa e amministrativa.
Alessando Artini (dirigente scolastico, sociologo e specialista in Amministrazione Pubblica, è docente a contratto di Sociologia dell'Educazione all'Università degli Studi di Siena) su ilsussidiario.net propone alcune riflessioni. "Come sempre accade dopo eventi funesti come le epidemie e le guerre, chi sopravvive matura l’idea di dover cominciare d’accapo e quello spirito fa sì che le persone si attivino e ricostruiscano, tirandosi su le maniche. Se ciò non accadesse, esse si sentirebbero tradite e, alla tragedia, subentrerebbe la depressione, sotto certi aspetti peggiore della pandemia stessa."
L'autore, citando Cesare Scurati (pedagogista scomparso dieci anni fa), ci ripropone l’“educazionale” che è "l’ambito dove si gioca la partita, perché senza riforme, lo spirito educativo si spegne. E questa è la posta: lasciare che l’autonomia scolastica sprigioni le proprie energie oppure tornare al passato."
Leggi l'articolo
Comments