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Non ci si può fermare, nel parlare di scuola, solo (ed esclusivamente) di banchi (con o senza rotelle purché
siano monoposto), di mascherine , di distanziamenti, di soluzioni più o meno fantasiose per progettare lo stare in sicurezza a scuola. Ciò che troppo spesso tuttavia non emerge è la parola bambini, ragazzi, insegnanti e personale non docente. Parliamo di distanziamento tra cose o tra persone?
Raccogliamo pensieri e proposte per ricostruire con i frammenti rimasti e con le macerie che abbiamo dentro.
"Se comprendiamo che l’organizzazione degli ambienti educativi è lo specchio di come intendiamo la relazione tra insegnante-allievo-conoscenza, si fa presto a capire che il banco non basta." (Beate Weyland).
In seno alla Libera Università di Bolzano dove Beate Weyland insegna presso la Facoltà di Scienze della Formazione di Bressanone, durante il periodo del lockdown dovuto alla pandemia è nato il progetto Eden attraverso la realizzazione di un corso online con gli studenti di Scienze della Formazione sul tema della didattica sensoriale. Nella pagina facebook dedicata al Progetto Eden (Educational environments with nature) sono raccolte esperienze, proposte e progetti di insegnanti, educatori e studiosi in ricerca per portare la natura all'interno della scuola. La proposta lavora sul l’idea di una “scuola domestica” da organizzare in maniera tale da offrire a bambini e ragazzi al rientro un senso di accoglienza e di sicurezza genuino grazie anche l’utilizzo delle piante. Il pensiero/messaggio che si vuole introdurre è quello di evitare un’accoglienza militaresca e ospedaliera dei bambini e dei ragazzi. Ragionamenti e proposte per ripensare la didattica, l'ambiente e l'organizzazione scolastica.
Il banco non basta. C'è bisogno di nuovi pensieri e, soprattutto, di consapevolezze, di presa di coscienza che siamo chiamati a mettere in discussione quel che eravamo, facevamo prima, il lavoro e le modalità di organizzare il nostro tempo e i nostri spazi di vita.
La nostra società non è una macchina da riparare, ma un organismo che ha bisogno di rigenerarsi. Per lasciare alle spalle la pandemia occorre costruire un ponte che ci permetta di arrivare su un'altra riva ripensando noi stessi e, insieme, il mondo vecchio che tramonta e il nuovo mondo che sorge, perché la fine a volte è un inizio. Chiara Giaccardi e Mauro Magatti (entrambi insegnano sociologia alla Cattolica di Milano) con il libro "Nella fine è l'inizio. In che mondo vivremo" (Il Mulino) individuano cinque risposte aperte (resilienza, interdipendenza, responsività, cura e pro-tensione) che lasciano ad ognuno la ricerca di soluzioni pratiche che aprano vie per equilibri più equi per rendere il nostro vivere insieme migliore di prima. (recensione)
Dopo momenti critici è un errore pensare di ricominciare come se nulla fosse accaduto.
Qual è la nuova rotta per l'avvenire (un richiamo di "avventura") dell'umanità? Mauro Ceruti (insegna filosofia della scienza all’Università IULM di Milano) nel suo libro "Sulla stessa barca" (Qiqajon) spiega perché è necessario un pensiero nuovo capace di considerare la complessità, per non restare incoscienti di fronte alle catastrofi che ci investono (e l’esperienza della pandemia del covid ne è un esempio). Solo una cultura dell’incontro e una fraternità senza frontiere ci permettono di pensare un progetto comune in vista di una nuova responsabilità verso la Terra e verso il futuro degli uomini. (recensione)
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