(...) Allora, mi chiedo Giotto, può la voce collettiva degli artisti di quella Biennale che s’eleva da quel centro storico, tutto da recuperare alla coscienza storica e ai ‘beni culturali’, elevarsi e diventare sentire comune? Credo che in ogni caso per generare dei cambiamenti, sia necessario del tempo, il tempo che in genere ha a che fare con la produzione e non con la sola fruizione. Dietro ogni opera c’è un processo di ricerca, di studio, che fa coincidere la pratica artistica con quella scientifica. Come la vita delle piante e dei loro frutti. Credo che il valore di un’opera d’arte e in generale di un’opera
dell’ingegno stia nel lungo processo necessario ad artisti e scienziati, agli artigiani della conoscenza, per arrivare alla produzione dell’opera e a vederne fiorire gli effetti sul piano sociale e del bene comune.
Già prima di questa emergenza globale e di questo brusco ‘inciampo’ che frena l’apparente illimitata possibilità di spaziare, e oltre il fanatismo pro e contro scatenato dalla candida coscienza ecologista incarnata da Greta Thunberg, l’attenzione allo spazio del vivere e al rapporto tra Uomo e Natura, era arrivato, oltre che dalla Biennale di Asuncion, anche da altre parti del mondo dell’arte e della cultura.
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